Приключения Пиноккио / Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino - Карло Коллоди - Страница 5
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9. Pinocchio vende l’Abbecedario per andare a vedere il teatrino dei burattini
Smesso che fu di nevicare, Pinocchio, col suo bravo Abbecedario nuovo sotto il braccio, prese la strada che menava alla scuola: e strada facendo, fantasticava mille ragionamenti e mille castelli in aria uno più bello dell’altro.
E discorrendo da sé solo, diceva:
– Oggi, alla scuola, voglio subito imparare a leggere: domani imparerò a scrivere, e domani l’altro imparerò a fare i numeri. Poi, colla mia abilità, guadagnerò molti quattrini e coi primi quattrini che mi verranno in tasca, voglio subito fare al mio babbo una bella casacca di panno. E quel pover’uomo se la merita davvero: perché, insomma, per comprarmi i libri e per farmi istruire, è rimasto in maniche di camicia… a questi freddi!
Mentre tutto commosso diceva così, gli parve di sentire in lontananza una musica di pifferi e di colpi di gran cassa: pì-pì-pì, pì-pì-pì, zum, zum, zum, zum.
Si fermò e stette in ascolto. Quei suoni venivano di fondo a una lunghissima strada traversa, che conduceva a un piccolo paese fabbricato sulla spiaggia del mare.
– Che cosa sia questa musica? Peccato che io debba andare a scuola, se no… – E rimase lì perplesso. A ogni modo[33], bisognava prendere una risoluzione: o a scuola, o a sentire i pifferi.
– Oggi anderò a sentire i pifferi, e domani a scuola: per andare a scuola c’è sempre tempo – disse finalmente quel monello, facendo una spallucciata.
Detto fatto, infilò giù per la strada traversa e cominciò a correre a gambe. Più correva e più sentiva distinto il suono dei pifferi e dei tonfi della grancassa: pì-pì-pì, pì-pì-pì, pì-pì-pì, zum, zum, zum, zum.
Quando si trovò in mezzo a una piazza tutta piena di gente, la quale si affollava intorno a un gran baraccone di legno e di tela dipinta di mille colori.
– Che cos’è quel baraccone? – domandò Pinocchio, voltandosi a un ragazzetto.
– Leggi il cartello, che c’è scritto, e lo saprai.
– Lo leggerei volentieri, ma per l’appunto oggi non so leggere.
– Bravo bue! Allora te lo leggerò io. In quel cartello a lettere rosse come il fuoco, c’è scritto: GRAN TEATRO DEI BURATTINI…
– È molto che[34] è incominciata la commedia?
– Comincia ora.
– E quanto si spende per entrare?
– Quattro soldi.
Pinocchio, che aveva addosso la febbre della curiosità, perse ogni ritegno e disse, senza vergognarsi, al ragazzetto:
– Mi daresti quattro soldi fino a domani?
– Te li darei volentieri – gli rispose l’altro canzonandolo – ma oggi per l’appunto non te li posso dare.
– Per quattro soldi, ti vendo la mia giacchetta – gli disse allora il burattino.
– Che vuoi che mi faccia di una giacchetta di carta fiorita? Se ci piove su, non c’è più verso di cavarsela da dosso.
– Vuoi comprare le mie scarpe?
– Sono buone per accendere il fuoco.
– Quanto mi dai del berretto?
– Bell’acquisto davvero! Un berretto di midolla di pane!
Pinocchio era sulle spine[35]. Stava lì lì[36] per fare un’ultima offerta: ma non aveva coraggio. Alla fine disse:
– Vuoi darmi quattro soldi di quest’Abbecedario nuovo?
– Io sono un ragazzo, e non compro nulla dai ragazzi – gli rispose il suo piccolo interlocutore, che aveva più giudizio di lui.
– Per quattro soldi l’Abbecedario lo prendo io – gridò un rivenditore di panni usati, che s’era trovato presente alla conversazione.
E il libro fu venduto su due piedi[37]. E pensare che quel pover’uomo di Geppetto era rimasto a casa, a tremare dal freddo, per comprare l’Abbecedario al figliolo!
10. I burattini riconoscono il loro fratello Pinocchio, e gli fanno una grandissima festa; ma sul più bello, esce fuori il burattinaio Mangiafoco, e Pinocchio corre il pericolo di fare una brutta fine
Quando Pinocchio entrò nel teatrino delle marionette, accadde un fatto che destò una rivoluzione.
Bisogna sapere che il sipario era tirato su e la commedia era già incominciata.
Sulla scena si vedevano Arlecchino e Pulcinella, che bisticciavano fra di loro e minacciavano da un momento all’altro[38] di scambiarsi un carico di schiaffi e di bastonate.
La platea, tutta attenta, si mandava a male[39] dalle grandi risate, nel sentire il battibecco di quei due burattini.
Quando all’improvviso, Arlecchino smette di recitare, e voltandosi verso il pubblico e accennando colla mano qualcuno in fondo alla platea, comincia a urlare in tono drammatico:
– Numi del firmamento![40] sogno o son desto? Eppure quello laggiù è Pinocchio!..
– È Pinocchio davvero! – grida Pulcinella.
– È proprio lui! – strilla la signora Rosaura, facendo capolino[41] di fondo alla scena.
– È Pinocchio! è Pinocchio! – urlano in coro tutti i burattini, uscendo a salti fuori dalle quinte. – È Pinocchio! È il nostro fratello Pinocchio! Evviva Pinocchio!..
– Pinocchio, vieni quassù da me! – grida Arlecchino – vieni a gettarti fra le braccia dei tuoi fratelli di legno!
A questo affettuoso invito, Pinocchio spicca un salto, e di fondo alla platea va nei posti distinti; e di lì schizza sul palcoscenico.
È impossibile figurarsi gli abbracciamenti, i pizzicotti dell’amicizia e le zuccate della vera e sincera fratellanza, che Pinocchio ricevè in mezzo a[42] tanto arruffio dagli attori e dalle attrici.
Questo spettacolo era commovente, ma il pubblico della platea, vedendo che la commedia non andava più avanti, s’impazientì e prese a gridare:
– Vogliamo la commedia, vogliamo la commedia!
Ma i burattini, invece di continuare la recita, raddoppiarono il chiasso e le grida, e, postosi Pinocchio sulle spalle, se lo portarono in trionfo davanti ai lumi della ribalta.
Allora uscì fuori il burattinaio, un omone così brutto, che metteva paura soltanto a guardarlo. Aveva una barbaccia nera come uno scarabocchio d’inchiostro, e tanto lunga che gli scendeva dal mento fino a terra. La sua bocca era larga come un forno, i suoi occhi parevano due lanterne di vetro rosso, col lume acceso di dietro; e con le mani schioccava una grossa frusta, fatta di serpenti e di code di volpe attorcigliate insieme.
All’apparizione inaspettata del burattinaio, ammutolirono tutti: nessuno fiatò più. Si sarebbe sentito volare una mosca. Quei poveri burattini, maschi e femmine, tremavano come tante foglie.
– Perché sei venuto a mettere lo scompiglio nel mio teatro? – domandò il burattinaio a Pinocchio.
– La creda, illustrissimo, che la colpa non è stata mia!..
– Basta così! Stasera faremo i nostri conti.
Difatti, finita la recita della commedia, il burattinaio andò in cucina, dov’egli s’era preparato per cena un bel montone, che girava lentamente infilato nello spiede. E perché gli mancavano le legna per finirlo di cuocere e di rosolare, chiamò Arlecchino e Pulcinella e disse loro:
– Portatemi di qua quel burattino, che troverete attaccato al chiodo. Mi pare un burattino fatto di un legname molto asciutto, e sono sicuro che, a buttarlo sul fuoco, mi darà una bellissima fiammata all’arrosto.
Arlecchino e Pulcinella da principio esitarono; ma impauriti da un’occhiataccia del loro padrone, obbedirono: e dopo poco tornarono in cucina, portando sulle braccia il povero Pinocchio, il quale strillava:
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